Il venditore garantisce il pagamento dei debiti scaduti e da pagare, non quelli ormai inesigibili

Il promesso venditore dell'immobile è tenuto a manlevare il promesso acquirente per il pagamento degli oneri condominiali relativi al biennio precedente la stipula dell'atto di compravendita. Il caso è più frequente di quanto si possa immaginare, specie in epoche di crisi e di ristrettezze economiche. Il promesso venditore omette di comunicare al promesso acquirente l'esistenza di una situazione debitoria nei confronti del condominio l'immobile viene trasferito e l'ignaro acquirente si vede costretto a mettere mano al portafogli per saldare il conto rimasto in sospeso.

Nel nostro caso abbiamo un preliminare di compravendita relativo ad un immobile residenziale. Una specifica clausola contrattuale impone al promesso venditore di saldare, antecedentemente alla stipula dell'atto definitivo, gli eventuali debiti esistenti nei confronti del condominio. Il giorno della stipula, come potevasi facilmente immaginare, i debiti non sono stati pagati e le parti si accordano per un differimento. Nuova data, stessa situazione i debiti condominiali non risultano ancora saldati! A questo punto il promesso acquirente cita in giudizio il promesso venditore denunciando l'inadempienza contrattuale e chiedendo l'adempimento in forma specifica del contratto. Il trasferimento della proprietà, precisa l'attore, sarebbe comunque subordinato all'integrale pagamento del prezzo per cui l'acquirente offre di pagare la differenza tra il saldo dovuto e il debito del condominio. Il promesso venditore si costituisce in giudizio e spara a zero dell'attore addossando a quest'ultimo la responsabilità della mancata conclusione del contratto. Ma com'è possibile? Cerchiamo di chiarire l'arcano. Obbligato sì, ma solo per i debiti da pagare, non per quelli ormai divenuti inesigibili. Il debito nei confronti del condominio era costituito da una serie di voci risalenti nel tempo. Secondo il venditore, l'obbligo di procedere al pagamento dei debiti nei confronti del condominio doveva necessariamente riferirsi a quelli risalenti all'ultimo biennio ma non a quelli più datati che, in quanto tali, erano divenuti ormai inesigibili da parte del condominio. A fondamento di tale tesi, il venditore sbandierava l’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile la norma, al 2° comma, stabilisce che, chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato in solido con il precedente proprietario, al pagamento degli oneri condominiali relativi all’anno in corso e a quello precedente. La norma è fin troppo chiara. Allo scopo di garantire gli interessi del condominio, viene istituito un vincolo di solidarietà tra venditore ed acquirente. In altre parole, non importa chi mette mano al portafogli, ma è essenziale che qualcuno rimpingui le casse del condominio. L'acquirente può detrarre dal prezzo offerto l'importo dei debiti condominiali. Tribunale e Corte di Appello sono concordi la domanda di trasferimento avanzata dal promesso acquirente, deve essere accolta fermo restando il pagamento del prezzo residuo. Sotto questo profilo, i giudici di merito accolgono la proposta dell'acquirente di scomputare dal prezzo pattuito l'intero debito maturato nei confronti del condominio, compresi gli oneri condominiali più antichi. Il venditore deve garantire solo il debito nel biennio. La causa arriva in Cassazione e gli Ermellini ribaltano la situazione. Il venditore è tenuto a garantire, nei confronti dell'acquirente, il saldo dei debiti condominiali ma solo limitatamente al biennio antecedente la vendita. La responsabilità solidale tra venditore ed acquirente, infatti, sarebbe limitata solo a questo arco temporale. Ad amor del vero e per maggior precisione, potremmo andare anche oltre affermando che, quando si parla di anno o di biennio, ci si riferisce all'anno di gestione e non a quello solare. In sostanza, quando un condomino trasferisce la proprietà del suo immobile, l’acquirente subentra nel suo dante causa, sia negli obblighi relativi a spese successive al suo ingresso, sia - in solido con l’alienante - per gli obblighi relativi a spese e contributi dell’anno di gestione in corso e di quello precedente. Di conseguenza, logicamente, il venditore deve garantire l'inesistenza dei debiti relativamente al biennio immediatamente precedente la vendita. Per le spese di manutenzione straordinaria, occhi puntati sulla delibera. In linea di principio, quindi, potremo affermare che l'acquirente risponde solidalmente con il venditore per i debiti condominiali sorti nel biennio precedente la vendita. Il principio è corretto e condivisibile ma, in alcuni casi, è necessario stabilire il momento il cui il debito sia sorto in quanto ciò determina la disciplinata applicabile e, quindi, permette di individuare la figura del debitore. Il caso più frequente, è quello relativo alle spese di manutenzione straordinaria del bene condominiale, deliberate dal precedente proprietario ma eseguite in data successiva al trasferimento della proprietà. Secondo una prima tesi, tali spese cadrebbero in capo all'acquirente in quanto il debito sorge, dal punto di vista amministrativo e finanziario, in epoca successiva alla vendita. Da qui, a cascata, ne consegue che il condomino non può sottrarsi al pagamento dei contributi richiestigli, ancorché nello stato di ripartizione approvato dall’assemblea figuri, anziché il proprio nome, quello del suo dante causa. Di contro, la tesi prevalente vuole che il debito resti a carico del venditore quando la delibera condominiale che autorizzi la spesa sia antecedente alla vendita. Per essere chiari, il costo sarebbe imputato in relazione alla data della delibera assembleare che autorizza la spesa, e non in funzione del momento ovviamente successivo in cui i lavori vengono effettuati ed in cui i costi si manifestano. La logica di questo comportamento risiede nel fatto che il venditore, nella determinazione del prezzo, dovrebbe aver tenuto in debito conto le spese deliberate anche se non ancora eseguite. Il corrispettivo della cessione, in questo caso, incorpora i costi di manutenzione. Si ricorda, da ultimo, che, secondo un filone giurisprudenziale, l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi condominiali, deriva dalla titolarità del diritto reale sull’immobile e integra un’obbligazione propter rem preesistente all’approvazione, da parte dell’assemblea del condominio, dello stato di ripartizione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 31 gennaio – 27 febbraio 2012, n. 2979 Presidente Oddo – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con citazione del 1.12.2003 L.A. e R.M. convenivano davanti al tribunale di Torino P.B. per sentire emettere sentenza ex art. 2932 cc che trasferisse loro, a fronte della offerta del prezzo, l'immobile in omissis . Esponevano che il 28.3.2003 la R. aveva sottoscritto una proposta di acquisto immobiliare per il prezzo di Euro 108.500, accettata dalla P. , alla quale era stata corrisposta una caparra confirmatoria di Euro 3000 che in data 25.7.2003 era stato stipulato da entrambi un preliminare inserendo una apposita clausola che prevedeva l'obbligo della promittente venditrice di estinguere ogni debito nei confronti del condominio prima della stipula del definitivo, fissato per il 30.9.2003 e rinviato al 31.10.2003 per la mancata estinzione di tutti i debiti condominiali. Nel frattempo erano venuti a conoscenza che il debito ammontava ad Euro 8.395,73, circostanza negata dalla P. che ammetteva solo un debito di Euro 540,38 mentre il residuo risaliva ad un periodo antecedente al biennio per cui non sarebbero stati chiamati a pagare. Si erano offerti di estinguere l'intero debito detraendolo dal prezzo di vendita o di pagare il prezzo con riserva di ripetere quanto dovuto al condominio ma la P. si era rifiutata di sottoscrivere il definitivo. La convenuta contestava la domanda, chiedendo declaratoria di legittimità del proprio recesso ai sensi dell'art. 1385 cc od il trasferimento previo pagamento di Euro 102.500, maggiorati dell'incremento di valore degli immobili in XXXXXX. Con sentenza 6093/06 il Tribunale accoglieva la domanda subordinando l'effetto traslativo al pagamento di Euro 94.644,65, detratti gli acconti ed il debito del condominio, rigettava ogni altra domanda e condannava la convenuta alle spese, mentre la Corte di appello di Torino con sentenza 1320/2009 rigettava l'appello della P. ed in accoglimento dell'incidentale degli attori subordinava l'effetto traslativo al versamento della somma di Euro 94.644,65 o della somma di Euro 102.500 ove medio tempore fosse stato versato l'importo di Euro 7.855,35 dovuto al condominio, condannando la P. alle maggiori spese. La sentenza confermava la corretta interpretazione del preliminare la cui clausola n. 3 imponeva alla promittente venditrice di pagare prima della stipula ogni residuo debito col condominio, con facoltà degli acquirenti di trattenere l'importo dal saldo finale, fermi restando l'obbligo di estinzione prima del rogito di ogni altro debito non conosciuto e la responsabilità anche per debiti successivi. La clausola liberamente pattuita non era derogata da eventi successivi. Ricorre P. con due motivi il secondo è indicato come terzo , illustrati da memoria, resistono le controparti. Motivi della decisione Col primo motivo si lamenta violazione degli artt. 1362 e 1371 cc. per avere la Corte territoriale considerato solo un capoverso della clausola e non considerato che l'impegno riguardava solo ogni debito spettante alla parte venditrice e non qualsiasi debito a chiunque spettante, essendo l'impegno finalizzato a garantire il compratore nei limiti di cui all'art. 63 disp att. cc. Col secondo motivo si deduce violazione dell'art. 1385, 2 c., cc, dell'art. 1375 cc. perché l'interpretazione superficiale della clausola ha avuto conseguenze nella individuazione della parte inadempiente e sul mancato accoglimento della domanda della P. . Le censure meritano accoglimento. La sentenza impugnata ha dedotto che dal tenore letterale della clausola senza ombra di dubbio le parti avevano inteso porre a carico della parte venditrice ogni residuo debito verso il condominio e che l'art. 63 disp. att. cc. non limita l'autonomia contrattuale delle parti, aggiungendo che il comportamento degli appellati era stato cristallino ed il rifiuto della P. di accettare la proposta di pagamento del prezzo decurtato del debito dimostrava che la P. non confidava di recuperare dal proprio marito le somme dovute al condominio da quest'ultimo. Il convincimento espresso dal giudice a quo risulta, in effetti, raggiunto mediante lo svolgimento d'attività interpretativa del preliminare. L'opera dell'interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d'ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 ss. cc, oltre che per vizi di motivazione nell'applicazione di essi pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. Di conseguenza, ai fini dell'ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea - anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente - la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata mediante la mera ed apodittica contrapposizione d'una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità e pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753 . Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d'ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell'ambito della stessa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato nel primo comma dell'art. 1362 CC - eventualmente integrato da quello posto dal successivo art. 1363 CC per il caso di concorrenza d'una pluralità di clausole nella determinazione del pattuito - onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d'una pluralità di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocità la comune volontà degli stessi, cosicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore letterale del negozio e l'intento effettivo dei contraenti detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario del secondo comma dell'art. 1362 CC, che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo alla stipulazione Cass. 4.8.00 n. 10250, 18.7.00 n. 9438, 19.5.00 n. 6482, 11.8.99 n. 8590, 23.11.98 n. 11878, 23.2.98 n. 1940, 26.6.97 n. 5715, 16.6.97 n. 5389 non senza considerare, altresì, come detto comportamento, ove trattisi d'interpretare atti soggetti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ogni caso, evidenziare una formazione del consenso al di fuori dell'atto scritto medesimo Cass. 20.6.00 n. 7416, 21.6.99 n. 6214, 20.6.95 n. 6201, 11.4.92 n. 4474 . Tuttavia, la clausola circa l'impegno della promittente venditrice a pagare prima della stipula dell'atto notarile ogni residuo debito con il condominio e la previsione che qualora emergessero eventuali debiti successivamente all'atto notarile, spettanti alla parte venditrice, saranno ancora a completo carico della stessa conduce ad affermare che l'impegno riguardava solo i debiti propri. La sentenza ha ritenuto che tra i debiti della promittente venditrice vi erano anche quelli quale cessionaria dell'alloggio, sostanzialmente affermando l'applicabilità dell'art. 1104 cc, che va invece esclusa. Questa Corte Cass. 18.8.2005 n. 16975 ha affermato che la responsabilità solidale dell'acquirente per il pagamento dei contributi dovuto al condominio dal venditore è limitata al biennio precedente all'acquisto, trovando applicazione l'art. 63 disp. att. e non già l'art. 1104 cc, atteso che, giusto il disposto di cui all'art. 1139 cc, la disciplina dettata in tema di comunione si applica anche al condominio solamente in mancanza di norme che, come appunto il citato art. 63, specificamente lo regolano. Donde l'accoglimento e la cassazione con rinvio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo esame e per spese, alla Corte di appello di Torino, altra sezione.