L’omessa convocazione è motivo di annullabilità della delibera condominiale

L’omesso avviso di convocazione da parte dell’amministratore di condominio nei confronti dei condomini non determina la nullità della deliberazione, bensì l’annullabilità della stessa, che ove non impugnata nel termine di trenta giorni dalla comunicazione per condomini assenti e dall’approvazione per quelli dissenzienti è valida ed efficace nei confronti di tutti i condomini principio di obbligatorietà .

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15301/20, depositata il 17 luglio Il caso. Una condomina-Tizia si opponeva a decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace competente per il mancato pagamento di quote ordinarie e straordinarie di oneri condominiali, eccependo la illegittimità della delibera di approvazione dei bilanci posta a fondamento provvedimento monitorio nonché la propria la carenza di legittimazione passiva. Costituendosi in giudizio, il condominio Caio-opposto, di contro, eccepiva l’infondatezza delle contestazioni mosse. Sia in primo grado che in secondo, i Giudici di merito rigettavano, poiché totalmente infondata, l’opposizione, confermando il provvedimento monitorio. Avverso la decisione del giudice del gravame, Tizia proponeva ricorso in Cassazione eccependo, tra i vari motivi, la violazione degli artt. 1137, 1421 c.c. e 63 disp. att. c.c. nonché degli artt. 633, 634 e 34 c.p.c In particolare, secondo la ricorrente, la delibera di approvazione del bilancio , posta a fondamento del decreto ingiuntivo emesso, era affetta da nullità in quanto adottata in mancanza di rituale convocazione di tutti i condomini, oltre che per un difetto di legittimazione passiva. Inoltre, nel merito, l’opponente sosteneva che l’atto collettivo era illegittimo poiché approvato sulla scorta di conteggi e documenti contestati. L’avviso di convocazione nullo. Preliminarmente, per il primo motivo, i Giudici di legittimità hanno evidenziato che la censura mossa dalla ricorrente, in ordine all’eccepita nullità della delibera per omessa convocazione dei condomini, così come correttamente affermato dal giudice di appello, è del tutto infondata atteso che la mancata convocazione non determina la nullità della delibera, bensì l’ annullabilità della stessa con la conseguenza che se l’atto collettivo non viene impugnato nel termine di trenta giorni art. 1137 c.c. dalla comunicazione ai condomini assenti e dall’approvazione per quelli dissenzienti ed astenuti, è valido ed efficace nei confronti di tutti i condomini Cass. S.U. 7 marzo 2005, n. 4806 Cass. 23 gennaio 2014, n. 1439 . Siamo nell’alveo dei vizi formali attinenti al procedimento della convocazione o di informazione dell'assemblea. Per quanto concerne, invece, la contestazione nel merito in ordine al bilancio preventivo di ripartizione degli oneri condominiali ed a quella concernente il rendiconto consuntivo, la Suprema Corte ha ritenuto che fossero censure inammissibili, in quanto non esaminate dal giudice di appello, neppure incidentalmente, perché non riproposta dalla condomina-appellante nel gravame. La rinunzia alla qualità di erede. Parimenti la Suprema Corte ha ritenuto infondato anche il secondo motivo di censura in ordine al difetto di legittimazione passiva sollevata dalla ricorrente, in relazione alla violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e violazione e falsa applicazione degli artt. 320, comma 3, c.p.c., 476, 481, 2697 e 1294 c.c. e dell’art. 115 c.p.c In particolare la ricorrente prima dichiarava, innanzi al giudice di prime cure, la qualità di coerede di un bene comune ed indiviso , mentre poi in appello deduceva l’intervenuta rinuncia all’eredità , perché nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opponente era da considerarsi solo chiamato all’eredità. A parere dei Giudici di legittimità, il comportamento inequivocabile della ricorrente aveva determinato l’ accettazione tacita dell’eredità, ai sensi dell’art. 474 c.c., rilevante quale valido elemento sostitutivo della pretesa creditoria monitoriamente azionata, tra l’altro, ad avviso del giudice di appello, tale aspetto non era stato efficacemente confutata dall’opponente-appellante. Dunque, giustamente il Tribunale aveva specificatamente motivato sulla novità della questione proposta in appello, e, comunque, l’aveva valutata nel merito ed aveva ritenuto legittimamente non provata, ai sensi dell’art. 519 c.c., la dedotta rinunzia. In conclusione, i motivi di censura sono stati considerati infondati ed il ricorso è stato rigettato, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte contro ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 22 ottobre 2019 – 17 luglio 2020, n. 15301 Presidente San Giorgio – Relatore Casadonte Rilevato che - C.T. proponeva, avanti al Giudice di pace di Cosenza, opposizione al decreto ingiuntivo emesso su ricorso del Condominio omissis per il pagamento di Euro 3.643,52 a titolo di quote ordinarie e straordinarie di oneri condominiali deducendo l’illegittimità della Delib. di approvazione dei bilanci posta a fondamento dell’ingiunzione nonché la carenza di legittimazione passiva essendo stato l’appartamento - oggetto della quota condominiale - ricevuto in eredità ancora indivisa - il giudice di pace nel contraddittorio con il Condominio, che deduceva l’infondatezza delle contestazioni, respingeva l’opposizione confermando il decreto ingiuntivo - proposto gravame sulla base di tre motivi, il Tribunale di Cosenza, quale giudice d’appello, respingeva tutte e tre le doglianze della C. e confermava la sentenza impugnata - in particolare, il tribunale Cosentino osservava come le contestazioni della legittimità della Delib. assembleare oggetto di specifico giudizio di impugnazione, non avevano rilevanza ai fini della valutazione della fondatezza dell’opposizione al decreto ingiuntivo emesso per il credito seppure determinate sulla scorta di quella Delib. - il giudice d’appello argomentava, poi, con riguardo alla dedotta circostanza dell’intervenuta rinuncia all’eredità, che essa era inammissibile in quanto incompatibile con le difese spiegate nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, ove l’opponente affermava di essere coerede ed allegava la titolarità del diritto di proprietà comune ed indivisa - infine, il tribunale affermava la congruità della statuizione sulle spese di lite adottata in prime cure - la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dalla C. con ricorso fondato su due motivi, cui resiste con controricorso il Condominio. Considerato che - con il primo motivo si censura la sentenza d’appello per violazione e falsa applicazione degli artt. 1137, 1421 c.c. ed art. 63 disp. att. c.c., nonché degli art. 633, 634, 34 c.p.c., per non avere valutato la radicale nullità della Delib., in relazione all’art. 1421 c.c., in quanto adottata in mancanza di rituale convocazione di tutti i condomini e, nel merito, sulla base di conteggi e documenti contestati e, conseguentemente, illegittima per l’inesistenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo - il motivo è infondato - il tribunale cosentino ha invero, esaminato incidenter tantum il dedotto vizio formale della Delib. in ragione dell’eccepita mancata comunicazione dell’avviso di convocazione ma ha ritenuto che esso ne determinasse l’annullabilità e non la nullità, che ove non impugnata nel termine di trenta giorni dalla comunicazione per i condomini assenti e dalla approvazione per quelli dissenzienti è valida ed efficace nei confronti di tutti i condomini - quanto poi alla contestazione nel merito relativa al bilancio preventivo di ripartizione degli oneri condominiali del 2008 ed a quella concernente il rendiconto consuntivo cfr. pag. 8 del ricorso , si tratta di censure inammissibili perché prospettano, nella sostanza, l’omesso esame da parte del giudice d’appello di una questione che non risulta essere stata riproposta nel giudizio d’appello e perciò non esaminata neppure incidentalmente dal giudice d’appello - in realtà, la ricorrente non specifica dove aveva riproposto in appello la questione della nullità della Delib. come vizio proprio ricavabile dai documenti prodotti cfr. sempre pag. 8 del ricorso , con la conseguenza che, non risultando espressamente esaminata nella sentenza impugnata, la censura va dichiarata inammissibile - con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 320 c.p.c., comma 3, artt. 476, 481, 2697 e 1294 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., per avere dichiarato inammissibile la contestazione della sentenza di primo grado nella parte in cui deduceva la carenza di legittimazione passiva dell’opponente -in particolare, si contesta la conclusione del giudice d’appello secondo cui l’opponente avrebbe modificato con l’atto d’appello il contenuto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata in primo grado ed ivi fondata sulla qualità di coerede di un bene comune ed indiviso, mentre poi in appello avrebbe dedotto l’intervenuta rinuncia all’eredità - sostiene la ricorrente che nell’opposizione avrebbe dedotto non la qualità di erede bensì quella di mera chiamata all’eredità posizione che avrebbe giustificato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva - tuttavia, come la stessa ricorrente riconosce,il Condominio ha agito nei suoi confronti sulla base di un certificato di stato di famiglia del de cuius C.F. , che attesta la residenza dell’opponente nella porzione immobiliare rientrante nel condominio procedente - tale allegazione, rilevante quale accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 474 c.c., rilevante quale valido elemento costitutivo della pretesa creditoria monitoriamente azionata, non è stata, ad avviso del giudice d’appello ed al di là dell’inammissibile novità della deduzione, efficacemente confutata dall’opponente/appellante - il tribunale ha infatti specificamente motivato sulla novità della questione proposta in appello e, comunque, l’ha valutata nel merito ed ha ritenuto legittimamente non provata, ai sensi dell’art. 519 c.c., la dedotta rinunzia - all’esito sfavorevole di entrambi i motivi, consegue il rigetto del ricorso e, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della parte controricorrente e liquidate in Euro 1200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.