Condominio: occorre provare il nesso causale tra sospensione lavori e danni subiti

Un condòmino si lamenta per la mala gestione del condomìnio la ditta incaricata di procedere ai lavori di manutenzione del fabbricato avrebbe abbandonato i lavori a causa del mancato pagamento dei SAL. A questo punto si tratta di individuare le eventuali responsabilità dell'amministratore di condomìnio e dei condomini mal pagatori.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14711/20, depositata il 10 luglio. I fatti secondo il ricorrente. L'assemblea di condomìnio delibera di procedere ad alcuni lavori di manutenzione straordinaria . Come da copione, alcuni condòmini non sono d'accordo ed impugnano il deliberato assembleare l'amministratore supera la criticità con un nuovo passaggio in Assemblea. Il cantiere, anche se a fatica, viene finalmente avviato e la ditta appaltatrice, per eseguire i lavori, occupa alcuni immobili di proprietà della società Alpha. Nel corso dei lavori alcuni condòmini, non si sa bene se a torto o a ragione, non solo rifiutano di versare le proprie quote condominiali, ma chiedono all'amministratore del condomìnio di sospendere il pagamento dei SAL , circostanza che determina la sospensione dei lavori da parte della ditta appaltatrice. La società Alpha si lamenta perché, a suo dire, il blocco dei lavori avrebbe determinato il crollo dei valori di mercato degli immobili costringendola a vendere il proprio patrimonio immobiliare ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato. A questo punto la società Alpha cita in giudizio l'amministratore del condomìnio ed i condòmini che avevano sospeso il pagamento delle quote condominiali, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Lo svolgimento del giudizio. Il giudizio si svolge praticamente a senso unico il Tribunale rigetta la domanda e la Corte d'appello si allinea al verdetto sottolineando che l'attore non aveva provato il nesso causale esistente tra la condotta dei convenuti ed il danno subito. La società non si arrende e propone ricorso in Cassazione. La seconda Sezione civile, con l'ordinanza in commento, conferma il verdetto di merito. La tesi del ricorrente. La società si lamenta perché la Corte territoriale non avrebbe evidenziato la responsabilità dell'amministratore di condominio nella mala gestione dell'appalto. Il ricorrente addebita all'amministratore di condominio una duplice responsabilità da un lato, avrebbe mancato nel recuperare” dai condòmini recalcitranti le somme necessarie ad onorare gli impegni economici assunti con la ditta appaltatrice dall'altro, non avrebbe rispettato i termini previsti dal contratto di appalto. Tali inadempienze, a suo avviso, avrebbero determinato la decisione dell'appaltatore di sospendere sine die i lavori il che avrebbe determinato, a cascata, il crollo del valore degli immobili facenti parte del condomìnio. Anche i condòmini avrebbero la loro parte di responsabilità in quanto non solo non avrebbero versato le somme necessarie a pagare i SAL, ma avrebbero invitato l'amministratore a sospendere i pagamenti. La tesi della Cassazione la causa-effetto. La Cassazione condivide l'assunto della Corte d'appello la società ricorrente non avrebbe fornito la prova dell'esistenza del nesso causa-effetto tra l'evento e il pregiudizio subito. In altre parole, la società avrebbe omesso di fornire la prova sul concatenamento tra l'omesso versamento degli oneri condominiali, l'inerzia dell'amministratore, il mancato pagamento nei confronti dell'appaltatore e la sospensione dei lavori circostanza che, da ultimo, avrebbe determinato secondo il ricorrente il crollo del valore degli immobili il che, a cascata, avrebbe costretto la società alla vendita o meglio, alla svendita del proprio patrimonio immobiliare ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto ai valori di mercato. La Cassazione evidenzia che la Corte territoriale si è limitata ad applicare correttamente il principio causalità adeguata escludendo la responsabilità dell'amministratore di condominio e dei condomini morosi. La teoria della causalità adeguata. La Cassazione, quindi, richiama la teoria della casualità adeguata che, come sappiamo, mira ad apportare un correttivo alla teoria condizionalistica che considera quale causa dell'evento, ogni azione necessaria e sufficiente a produrlo. La teoria della causalità adeguata richiede, accanto alla sussistenza del nesso eziologico tra azione ed evento, che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali o quantomeno probabili dell'azione secondo il normale principio del id quod plerumque accidit. Il ragionamento non regge. La Cassazione individua una crepa nel ragionamento del ricorrente. La società ricorrente parte dal presupposto che i lavori, iniziati a giugno 2008, avrebbero dovuto concludersi in 200 giorni lavorativi, ovvero ad aprile 2009. Ritiene, quindi, che la vendita sia stata effettuata ad un prezzo irrisorio a seguito della sospensione dei lavori. Per altro verso, la stessa società ricorrente dichiara di aver venduto gli immobili a dicembre 2008, quando il contratto d'appalto era ancora in esecuzione. Di conseguenza, non si comprende come un evento non ancora verificatosi ovvero il mancato rispetto del termine previsto per il fine lavori abbia potuto determinare delle conseguenze negative sul prezzo di vendita. La vicenda presenta alcuni punti oscuri. La ditta ricorrente non chiarisce per quale motivo i condomini abbiano chiesto all'amministratore di sospendere i pagamenti verso la ditta esecutrice delle opere. Poniamo il caso, peraltro frequente, in cui la ditta sia inadempiente agli impegni assunti contrattualmente perché, per esempio, non abbia adottato le dovute cautele nell'esecuzione delle opere o abbia utilizzato materiali inadeguati è evidente che l'amministratore, specie se sollecitato in tal senso dai condòmini, avrebbe dovuto sospendere i pagamenti. La vicenda presenta un altro punto oscuro se il ricorrente ha effettuato la vendita a dicembre 2008, è probabile che abbia raggiunto delle intese preliminari col futuro acquirente in epoca precedente, quindi non si comprende il motivo della lagnanza in quanto il prezzo sarebbe stato fissato in tempi non sospetti. La crisi dei subprime. Occorre effettuare un'altra considerazione. La società ricorrente addebita il crollo dei valori immobiliari alla cattiva gestione del condomìnio. Volendo storicizzare l'evento, occorre considerare che siamo alla fine del 2008, in piena bolla immobiliare. Nella seconda metà del 2006 negli Stati Uniti era iniziata la crisi finanziaria dei subprime che aveva dato vita a quella che viene considerata la più grave crisi economica mondiale dai tempi della grande depressione. La crisi iniziò a far sentire i propri effetti nei primi mesi del 2007 determinando, nel periodo settembre-ottobre 2008 la scomparsa delle principali banche d'affari mondiali la Lehman Brothers dichiarò bancarotta il 15 settembre 2008 . E' quindi probabile che la ditta ricorrente abbia effettivamente accusato un crollo del mercato immobiliare i cui effetti, però, non erano da ricercare nel blocco dell'attività di cantiere, bensì in fenomeni ben più gravi verificatisi in ambito internazionale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 novembre 2019 – 10 luglio 2020, n. 14711 Presidente Manna – Relatore Oliva Fatti di causa Con atto di citazione notificato il 10.1.2011 Zean Immobiliare S.r.l. evocava in giudizio il condominio omissis , la sua amministratrice B.D.N. ed i condomini F.G. , G.N.M. , C.M. , M.M. e Mi.Mi. innanzi il Tribunale di Roma per sentir accertare la loro responsabilità per i danni subiti dalla società attrice in relazione all’appalto per la ristrutturazione dell’edificio condominiale sottoscritto in data 11.3.2008 con la ditta Stevan S.r.l. L’attrice allegava di essere proprietaria di alcuni appartamenti siti nello stabile in condominio omissis di averli acquistati con atto del 31.10.2007 dalla società Cantor S.n.c. di M. & amp Co., in seguito oggetto di liquidazione giudiziaria che con deliberazioni dell’assemblea condominiale dell’11.2.2008 e del 11.3.2008 era stata prima deliberata l’esecuzione di alcune opere di straordinaria manutenzione del palazzo e poi autorizzata la sottoscrizione del relativo contratto di appalto con la Stevan S.r.l. che alcuni condomini avevano impugnato la Delib. Condominiale 11 febbraio 2008, successivamente confermata dall’assemblea condominiale con altra Delib. 29 aprile 2008 che i lavori erano stati affidati e le aree di cantiere consegnate all’appaltatrice, la quale tuttavia aveva poi sospeso le opere a seguito del mancato pagamento di alcuni S.A.L. che nonostante il versamento, eseguito dall’attrice a fine 2008, di quote in eccesso rispetto a quanto già maturato a quella data, il nuovo amministratore del condominio, B.D.N. , sollecitata in tal senso dai condomini M. , G. e F. , ometteva il versamento del terzo S.A.L. causando in tal modo la sospensione sine die del cantiere da parte dell’appaltatrice che il 16.12.2008 la società attrice, per evitare il fallimento, era costretta a svendere parte dei propri immobili, dei quali medio tempore non aveva la piena disponibilità in quanto utilizzati anche per il transito e deposito di materiali e mezzi della ditta appaltatrice. Su tali premesse in fatto, Zean Immobiliare S.r.l. riteneva sussistere la responsabilità dei convenuti per i danni subiti a causa, da un lato, della scorretta gestione del contratto di appalto corrente tra il condominio OMISSIS e la Stevan S.r.l. e dei pagamenti previsti da detto contratto e, dall’altro, del mancato versamento quanto ai condomini e del mancato incasso quanto all’amministratrice delle rate previste a carico dei singoli partecipanti al condominio in forza del piano di riparto approvato dall’assemblea dell’ente gestorio. Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda, con la sola eccezione di M.M. e Mi.Mi. , che rimanevano contumaci. Con sentenza n. 8339/2013 il Tribunale rigettava la domanda compensando tra le parti le spese del grado. Interponeva appello Zean Immobiliare S.r.l. e si costituivano gli appellati già costituiti in prime cure per resistere al gravame. Con la sentenza oggi impugnata, n. 6635/2016, la Corte di Appello di Roma rigettava l’impugnazione ritenendo non provato il nesso di derivazione causale del danno lamentato dall’appellante rispetto alle diverse condotte contestate ai vari appellati. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Zean Immobiliare S.r.l. affidandosi a sei motivi. Resistono con separati controricorsi B.D.N. , C.M. , G.N.M. e F.G. , nonché Generali Italia S.p.a A seguito di apposita ordinanza interlocutoria di questa Corte adottata in esito alla Camera di consiglio del 26.3.2019, il contraddittorio è stato integrato anche nei confronti del Condominio omissis , il quale non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. La controricorrente B.D. ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale. Ragioni della decisione Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte di Appello avrebbe errato nel non ravvisare la responsabilità dell’amministratore del condominio per il ritardo nella gestione dell’appalto, con specifico riferimento all’esecuzione dei pagamenti dovuti all’appaltatore. Ad avviso della ricorrente, da detto ritardo sarebbe derivato il blocco del cantiere e il conseguente danno oggetto della domanda risarcitoria spiegata nel giudizio di merito, poiché Zean Immobiliare S.r.l. era stata di fatto costretta a svendere alcuni dei suoi appartamenti per evitare il fallimento. Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1130 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte capitolina avrebbe omesso di ravvisare la responsabilità dell’amministratore del condominio anche con riguardo alla mancata o ritardata riscossione delle quote dovute dai vari partecipanti al condominio in base alla ripartizione approvata dall’assemblea in relazione all’appalto sottoscritto con la Stevan S.r.l Con il quarto motivo, che per ragioni di connessione logico-giuridica merita di essere esaminato insieme ai primi due, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1137 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il giudice di appello non avrebbe ravvisato la concorrente responsabilità dei condomini che si erano opposti all’esecuzione dei pagamenti dovuti all’appaltatrice e non avevano provveduto a versare nelle casse condominiali le quote di ripartizione da loro dovute, rendendo in tal modo impossibile il rispetto della tempistica prevista dal contratto di appalto per i pagamenti dei vari S.A.L. ivi previsti. Le tre censure di cui sopra, che appunto meritano una trattazione unitaria, sono infondate. La Corte capitolina ha ritenuto infatti, all’esito di un accertamento in punto di fatto, che la società attrice non avesse dimostrato il nesso causa-effetto tra l’evento indicato come causa remota del danno il comportamento dell’amministratore e dei condomini che si erano opposti al rispetto dei tempi e delle scadenze previste dal contratto di appalto sottoscritto tra il condominio e la Stevan S.r.l. ed il pregiudizio lamentato dalla attrice stessa. In particolare, la Corte di Appello evidenzia che Zean Immobiliare S.r.l. aveva dedotto, nei propri scritti difensivi prodotti nelle fasi di merito, che i lavori appaltati a Stevan S.r.l. avrebbero dovuto essere consegnati in 200 giorni lavorativi a decorrere dalla consegna del cantiere, avvenuta nel giugno 2008 di conseguenza, le opere appaltate avrebbero dovuto essere consegnate ad aprile 2009, ergo non si poteva ravvisare alcun collegamento tra il ritardo nella loro esecuzione e la cessione degli appartamenti eseguita da Zean Immobiliare S.r.l. a terzi già a dicembre 2008 cfr. pag. 7 della sentenza impugnata . Va premesso che l’errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento dannoso è censurabile in sede di giudizio di legittimità soltanto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, mentre l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze derivanti dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata al caso concreto, rientra nell’ambito della valutazione di fatto, che resta pertanto sottratto al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivata Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9985 del 10/04/2019, Rv. 653576 Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4439 del 25/02/2014, Rv. 630127 Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26997 del 07/12/2005, Rv. 587959 . Con il passaggio motivazionale poc’anzi richiamato, che evidenzia l’assenza della dimostrazione del nesso causale tra fatto ed evento dannoso, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio di causalità adeguata, escludendo la responsabilità dell’amministratore e dei condomini evocati in giudizio dalla Zean Immobiliare S.r.l Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1104, 1118, 1304 c.c. e art. 63 disp. att. c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che, in presenza di una transazione intercorsa tra il condominio e la precedente proprietà degli alloggi della società attrice, quest’ultima potesse comunque essere chiamata a rispondere della differenza tra l’importo transatto con la vecchia proprietà e il totale del credito rivendicato dall’ente di gestione. Ad avviso del ricorrente, la responsabilità solidale dell’acquirente di un immobile, insieme al precedente proprietario, per i debiti verso il condominio relativi al biennio anteriore alla vendita può sussistere soltanto in presenza della connessa, e presupposta, responsabilità del medesimo precedente proprietario, non potendosi configurare una responsabilità dell’acquirente a prescindere da quella del suo dante causa. Inoltre, la transazione sottoscritta da uno dei condebitori solidali con il creditore estende i suoi effetti anche a favore dell’altro condebitore, ancorché questi vi sia rimasto estraneo. La censura è infondata. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta infatti che la Corte di Appello, all’esito di un apprezzamento in punto di fatto, ha ritenuto che, nel caso specifico, . la transazione ha estinto il debito di uno solo dei condebitori solidali, permanendo la responsabilità dell’altro per la differenza rispetto al debito originariò’ cfr. pag. 8 della sentenza impugnata . In proposito giova ribadire il principio secondo cui L’art. 1304 c.c., comma 1, nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere, si riferisce esclusivamente all’atto di transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, mentre non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19541 del 30/09/2015, Rv. 636884 cfr. anche Cass. Sez. U., Sentenza n. 30174 del 30/12/2011, Rv. 620065 . Nel caso specifico la Corte di Appello ha evidentemente ritenuto che la transazione raggiunta tra il condominio OMISSIS ed uno dei condebitori solidali nella specie, la precedente proprietà degli immobili poi acquistati da Zean Immobiliare S.r.l. avesse riguardato la sola quota dovuta dal condebitore solidale stipulante, e non anche l’intero credito rivendicato dal creditore, il quale pertanto aveva in seguito legittimamente agito, per la sola differenza, nei confronti dell’altro condebitore, rimasto estraneo all’accordo transattivo di cui anzidetto. Con il quinto motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1130 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il giudice di appello non avrebbe ravvisato l’ulteriore profilo di responsabilità dell’amministratrice del condominio, la quale non si sarebbe prontamente attivata per denunciare alle competenti Autorità le superfetazioni e le opere abusive, o comunque eseguite in violazione della norma regolamentare, eseguite da taluni dei partecipanti al condominio, così pregiudicando il decoro architettonico dell’edificio. La censura è inammissibile per evidente difetto di specificità, poiché la ricorrente non indica neppure di quali opere si tratterebbe, nè il motivo per cui esse sarebbero lesive del decoro del fabbricato, ed in quale misura, nè – soprattutto il momento processuale in cui tale specifica censura sarebbe stata proposta nei precedenti gradi di merito. Infine, con il sesto motivo la Zean Immobiliare S.r.l. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché la Corte di seconda istanza avrebbe erroneamente dichiarato inammissibili le prove articolate dalla società attrice, non ammesse in prime cure e riproposte in appello. La censura è infondata, in quanto la Corte di Appello non ha affatto dichiarato inammissibili le prove, ma si è limitata ad affermare in perfetta adesione alla consolidata giurisprudenza di questa Corte che il mancato accoglimento delle istanze istruttorie da parte del giudice di primo grado configura un rigetto implicito delle stesse e che, di conseguenza, non si poteva ravvisare alcun profilo di omessa pronuncia su dette istanze. La Corte territoriale ha altresì aggiunto che il motivo di appello con cui erano state riproposte le richieste istruttorie non ammesse in prime cure era stato formulato dall’appellante in modo generico, ma tale affermazione si aggiunge, per corroborarla, alla vera ratio in precedenza richiamata del rigetto del motivo di appello con cui Zean Immobiliare S.r.l. aveva lamentato l’omessa pronuncia del Tribunale sulle sue richieste istruttorie. Peraltro, e conclusivamente, la mancata dimostrazione del nesso di causalità adeguata tra l’evento dannoso denunciato dall’odierna ricorrente e la sua presunta causa remota, ritenuta tanto del giudice di prime cure che da quello di seconda istanza, rendeva evidentemente del tutto superfluo qualsiasi ulteriore approfondimento istruttorio, non potendosi ravvisare, neanche a livello teorico, il fondamento logico della domanda risarcitoria proposta. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in misura diversa per i vari controricorrenti in correlazione con l’attività difensiva da ciascuno di essi in concreto svolta. Nulla invece per il condominio OMISSIS , a fronte del mancato svolgimento da parte di quest’ultimo di attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida rispettivamente in Euro 4.300 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge, quanto al controricorrente C.M. in Euro 4.300 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge, quanto ai controricorrenti G.N.M. e F.G. in Euro 4.300 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge, quanto al controricorrente Generali Italia S.p.a. in Euro 5.500 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge, quanto alla controricorrente B.D.N. . Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.