Moto parcheggiata nel cortile del palazzo: pessima abitudine che va sanzionata

Vittoria per un abitante dello stabile, lamentatosi perché altri due condomini erano soliti sistemare i loro motoveicoli nel cortiletto comune, per giunta a pochi passi dal suo appartamento. Evidente, secondo i Giudici, l’abuso realizzato. Irrilevante il fatto che le soste durassero pochi minuti.

Pessima abitudine, quella di parcheggiare il proprio motoveicolo nel cortile del condominio. Sacrosante le proteste degli abitanti del palazzo e legittima la condanna sul fronte civile per avere violato il principio relativo all’ uso della cosa comune” Cassazione, ordinanza n. 7618/19, sez. VI Civile, depositata il 18 marzo . Parcheggio. Scenario della vicenda è uno stabile nel centro storico di Napoli. Lì un uomo e una donna, che vivono nel palazzo, sono soliti parcheggiare i loro motoveicoli nel cortile, peraltro nello spazio vicino all’appartamento di proprietà di un altro condomino. Quest’ultimo cerca di fare buon viso a cattivo gioco, ma, alla fine, si decide ad adire le vie legali, chiedendo che venga ufficializzato il divieto per l’uomo e la donna di parcheggiare i loro motoveicoli nel cortile dell’edificio. Richiesta legittima, osservano i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello. Inequivocabile il fatto che la condotta tenuta dai proprietari dei due motoveicoli ‘incriminati’ abbia impedito di godere delle parti condominiali del palazzo . Irrilevante, invece, è ritenuto il richiamo difensivo a una presunta saltuarietà delle soste denunciate per i giudici, difatti, tale sporadicità non può escludere comunque la possibilità di una prolungata durata dei parcheggi illegittimi . Spazio. Anche in Cassazione, però, la linea difensiva è centrata sul fatto che le soste duravano pochi minuti e che non era indicata la distanza precisa tra il luogo di sosta dei motoveicoli e l’accesso alla proprietà del condomino ritenutosi danneggiato. Queste obiezioni non convincono affatto i Giudici del Palazzaccio, i quali ritengono decisivo l’accertamento compiuto tra primo e secondo grado, laddove si è appurato che la sosta dei mezzi meccanici nel cortile comune ne pregiudica la transitabilità, sì da impedire od ostacolare l’accesso all’unità immobiliare del singolo condomino . Corretta, quindi, l’applicazione del principio secondo cui la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione – mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo del proprio veicolo – di una porzione del cortile comune, configura un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento . Assolutamente irrilevante, anche secondo i Giudici della Cassazione, il dato relativo alla brevità delle soste, saltuarie e durate pochi minuti , secondo la difesa. A questo proposito, i Magistrati ribadiscono che può costituire abuso anche l’occupazione per pochi minuti di una porzione del cortile comune, ove comunque impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 10 gennaio – 18 marzo 2019, n. 7618 Presidente D’Ascola - Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Ma. Me. ha proposto ricorso articolato in unico motivo violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. avverso la sentenza n. 12182/2017 del 14 dicembre 2017 resa dal Tribunale di Napoli. Resiste con controricorso Pa. Te., mentre rimane intimata, senza svolgere attività difensive, Va. Ve La causa ebbe inizio con citazione di Pa. Te., il quale convenne davanti al Giudice di pace di Napoli Ma. Me. e Va. Ve., chiedendo che venisse vietato a questi ultimi di parcheggiare i loro motoveicoli nello spazio prospiciente l'immobile di proprietà del Te., nel fabbricato di via omissis , impedendo tale condotta all'attore di godere delle parti condominiali dell'edificio. La domanda venne accolta dal Giudice di pace, anche alla luce del regolamento condominiale, che contiene divieto di ingombro del cortile, e considerate le deposizioni dei testimoni, i quali avevano confermato la circostanza del parcheggio dei veicoli ad opera dei convenuti con intralcio all'accesso nella proprietà Te Il Tribunale di Napoli ha poi respinto gli appelli di Ma. Me. e Va. Ve., richiamando le dichiarazioni dei testi Al. Te. e Ma. Ch. Am. circa il parcheggio dei motoveicoli compiuto dal Me. e dalla Ve. e le documentazioni fotografiche prodotte, e negando rilievo, ai fini della fondatezza della ravvisata violazione dell'art. 1102 c.c., al dato della saltuarietà o sporadicità delle soste denunciate, sia perché tale sporadicità non esclude la possibilità di una prolungata durata dei parcheggi illegittimi, sia perché comunque non erano stati precisati dai testimoni indicati dai convenuti i limiti temporali delle medesime soste nel cortiletto. L'unico motivo del ricorso di Ma. Me. denuncia ia violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. avendo la sentenza del Tribunale di Napoli arbitrariamente sommato le soste attribuibili al Me. ed alla Ve., e per di più ignorato che le soste durassero pochi minuti, né avendo i testi indicato la distanza precisa tra il luogo di sosta dei motoveicoli e l'accesso alla proprietà Te Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c. in relazione all'art. 375, comma 1, n. 5 , c.p.c. il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell'art. 380 bis, comma 2, c.p.c. Va disattesa l'eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso per carenza di autosufficienza , in quanto l'unico motivo di impugnazione denunzia la violazione e falsa applicazione della legge ed indica le argomentazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si ipotizzano in contrasto con la medesima legge o con l'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza. Peraltro, la censura, in realtà, addebita al Tribunale di Napoli la mancata o erronea valutazione di risultanze processuali deposizioni testimoniali , ma tuttavia indica sufficientemente le risultanze istruttorie che il ricorrente asserisce decisive o malamente valutate. Il motivo del ricorso appare, peraltro, privo dei necessari caratteri della tassatività, della specificità e della riferibilità alla sentenza impugnata, ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. ed è comunque infondato. In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell'art. 116 c.p.c. norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale è idonea ad integrare il vizio di cui all'art. 360, n. 4, c.p.c. solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime. Viceversa, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, che è quello che lamenta il ricorrente, non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile neppure nel paradigma dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. che attribuisce rilievo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio , né in quello del precedente n. 4, disposizione che - per il tramite dell'art. 132, n. 4, c.p.c. - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892 . Va ritenuto che la causa intentata dal Te., volta, fra l'altro, all'eliminazione della situazione antigiuridica posta in essere dai convenuti con l'uso illegittimo del cortile condominiale, che ostacolava l'accesso all'immobile di sua proprietà, fosse finalizzata a conseguire sia la rimozione della situazione lesiva posta in essere dal Me. e dalla Ve., sia la inibizione degli stessi ovvero l'ordine di astenersi in futuro dal ripetere tali atti lesivi , sia il risarcimento dei danni subiti alla pienezza e libertà del proprio godimento. I giudici di merito hanno accertato in fatto, con apprezzamento loro spettante e sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. che la sosta dei mezzi meccanici nel cortile comune antistante la proprietà Te. ne pregiudichi la transitabilità, si da impedire od ostacolare l'accesso all'unità immobiliare del singolo condomino, con correlata violazione del principio stabilito dall'art. 1102 c.c La decisione del Tribunale di Napoli è conforme all'interpretazione di questa Corte, secondo cui l'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto. Pertanto, deve ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione - mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura - di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà Cass. Sez. 2, 24/02/2004, n. 3640 . Il ricorso attribuisce alla sentenza impugnata l'errore di aver sommato i periodi di sosta riferibili ai due convenuti, ma questo ragionamento non trova riscontro nella motivazione del Tribunale di Napoli. Si insiste poi dal ricorrente sul fatto che le sue soste fossero saltuarie e durassero pochi minuti, ma ciò vale ad invocare inammissibilmente dalla Corte di cassazione un diverso apprezzamento di fatto rispetto a quello compiuto dal giudice di merito, operazione che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, non consentita in sede di legittimità. E' poi decisivo osservare che l'art 1102 c.c., sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante alla comunione, non pone alcun margine minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni del predetto uso, sicché può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti di una porzione del cortile comune, ove comunque impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio oggetto di comproprietà Cass. Sez. 2, 07/07/1978, n. 3400 . Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente Pa. Te Non occorre provvedere al riguardo per l'altra intimata Va. Ve., che non ha svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione rigettata. P. Q. M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente Pa. Te. le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 10 gennaio 2019.