Come si ripartiscono le spese delle pensiline?

Il condomìnio decide di installare delle pensiline, ovvero delle tavolette” che, sporgendo dalla facciata, coprono i balconi sottostanti. La scintilla che da fuoco alle polveri è rappresentata, come spesso avviene in questi casi, dalle modalità di ripartizione delle spese. Alcuni ritengono che il costo debba essere posto a carico esclusivo delle unità immobiliari di ultimo piano altri propongono di porre i costi a carico dell'intero condomìnio. Chi avrà la meglio?

La vicenda. Un condòmino impugna la delibera con cui l'assemblea di condomìnio aveva deciso di ripartire i costi relativi alla realizzazione di alcune pensiline ponendoli al 50% a carico degli appartamenti di ultimo piano, e per il rimanente 50%, a carico dell'intero condomìnio. Il giudizio si svolge praticamente a senso unico il Tribunale rigetta la domanda, la Corte territoriale conferma il verdetto e la seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6010/19 depositata in cancelleria il 28 febbraio, pone finalmente fine alla disputa. Il criterio di ripartizione delle spese. Il caso ruota intorno al criterio di ripartizione delle spese. Per sciogliere il nodo gordiano è necessario stabilire, preliminarmente, quale sia l'uso di queste tettoie sono poste a protezione della proprietà privata o se ne avvantaggia l'intero condominio? La Corte d'appello, a cui compete la valutazione dei fatti, ritiene che le pensiline siano state realizzate per assolvere ad una duplice funzione da un lato proteggere i balconi di ultimo piano, dall'altro, parallelamente, preservare l'intera facciata. Da qui la legittimità del criterio di ripartizione adottato dall'assemblea che aveva applicato, al caso concreto, il secondo comma dell'art. 1123 c.c Tale norma stabilisce, testualmente, che Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne . Il parere della Cassazione. Gli Ermellini evidenziano, in primo luogo, che l'accertamento degli elementi di fatto spetta al giudice di merito e non può essere sindacato in Cassazione. Con questa premessa, la valutazione delle circostanze di fatto effettuata dalla Corte territoriale costituisce un limite invalicabile. Che le pensiline siano state realizzate per servire i condòmini in maniera diversa, appare una circostanza di fatto insindacabile in cassazione. Di conseguenza, Piazza Cavour ritiene del tutto legittima la valutazione effettuata dal giudice di merito che aveva ritenuto legittima la delibera dell'assemblea. Il condomìnio, in sostanza, aveva ripartito le spese in due parti uguali, ponendo la prima metà a carico dei proprietari degli appartamenti di ultimo piano che godevano in maniera diretta dei benefici derivanti dalle tettoie , e la seconda metà a carico dell'intero condominio che traeva dalle medesime tettoie un beneficio indiretto in quanto queste proteggevano anche la facciata condominiale dagli agenti atmosferici . La convenzione permette di derogare ai criteri di ripartizione. La Cassazione sottolinea che, in mancanza di una apposita convenzione approvata all'unanimità da tutti i condòmini, non è possibile derogare ai criteri di ripartizione delle spese previsti dal codice civile. Nel caso in esame, mancando tale accordo, l'assemblea condominiale non poteva fare altro che ripartire le spese applicando il secondo comma dell'art. 1123 c.c., e quindi ripartendo i costi in relazione al diverso beneficio che ciascun condòmino poteva trarre dall'installazione delle tettoie.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 11 settembre 2018 – 28 febbraio 2019, n. 6010 Presidente Orilia – Relatore Fortunato Fatti di causa C.P. ha impugnato la delibera con cui il Condominio di omissis ha approvato la realizzazione di tre pensiline presso lo stabile condominiale, ponendo il 50% della spesa a carico dei proprietari dell’ultimo piano e la restante quota a carico degli altri condomini. Lamentano che le opere non potevano considerarsi comuni e che la spesa andava posta solo a carico dei condomini le cui porzioni beneficiavano in via esclusiva delle suddette pensiline. Il Tribunale ha respinto la domanda con pronuncia confermata in appello. La Corte di merito ha ritenuto che le pensiline servissero anche da protezione dell’intera facciata dell’edificio dagli agenti atmosferici e che pertanto fossero condominiali, ed ha considerato legittima la scelta dell’assemblea di ripartire la spesa ai sensi dell’art. 1123 c.c., comma 2, essendo le opere destinate a servire in modo diverso i singoli condomini. Per la cassazione di questa sentenza C.P. ha proposto ricorso in due motivi, illustrato con memoria. Il Condominio di omissis ha depositato controricorso e memoria ex art. 380 bis 1, c.p.c Ragioni della decisione 1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata, non essendo preclusa alla ricorrente la possibilità di censurare la sentenza di appello per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in virtù dei limiti contemplati dall’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5. Tale ultima disposizione non è invocabile nel caso in esame, poiché il giudizio di secondo grado è stato proposto con citazione notificata in data 12.12.2011, mentre l’art. 348 ter c.p.c., è stato introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. a , convertito con L. n. 134 del 2012, ed è applicabile ai processi di appello proposti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notifica dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione 11.9.2012 . 2. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 1123 e 1135 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, nonché l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza erroneamente giudicato legittima la delibera, riconoscendo all’assemblea il potere discrezionale di ripartire le spese in base al criterio di cui all’art. 1123 c.c., comma 2, mentre occorreva valutare se effettivamente ed in che misura le pensiline fossero destinate a servire in modo differenziato i singoli proprietari. Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1117, 1123, 1362, 1371 c.c., artt. 112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la Corte territoriale abbia ritenuto che le pensiline costituissero parte comune dell’edificio, pur se installate sulla parete sovrastante i balconi senza sporgere dalla loro linea esterna e pur non potendo fungere da copertura e protezione della facciata condominiale. I due motivi, che vertono su questioni strettamente connesse e dei quali appare opportuno l’esame congiunto, sono infondati. Non è consentito anzitutto contestare l’assenza, la sufficienza o la contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b , non contempla il vizio denunciato che invece ricade, in ipotesi particolari e quale error in procedendo, nella previsione dell’art. 132 c.p.c. ed è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 , ma l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per tale intendendosi un fatto oggettivo, principale o secondario, risultante dalla sentenza o dagli atti processuali ed avente carattere decisivo cfr., per tutte, Cass. s.u. 8053/2014 . 2.1. Neppure sussiste la lamentata violazione di legge. La sentenza ha stabilito, con accertamento in fatto, che le pensiline avevano la funzione di proteggere la facciata condominiale e non i soli balconi di proprietà esclusiva, garantendo l’integrità e la conservazione dell’intero edificio, ponendolo al riparo dagli agenti atmosferici e, quindi, del tutto correttamente e con motivazione logica ed esente da contraddizioni, ha ritenuto che la spesa dovesse gravare su tutti i condomini. Difatti nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell’edificio di una pluralità di piani o porzioni di piano di proprietà esclusiva, l’attribuzione della proprietà comune sancita dall’art. 1117 c.c., trova fondamento nel collegamento strumentale ed accessorio fra le cose, i servizi e gli impianti e le unità immobiliari appartenenti ai singoli proprietari o alle altre porzioni comuni destinate in modo stabile al servizio e al godimento collettivo Cass. 4973/2007 Cass. 1625/2007 Cass. 22408/2004 , mentre il concreto accertamento che un dato bene abbia le descritte caratteristiche funzionali involge questioni di fatto rimesse al giudice di merito, unitamente alla verifica della concreta utilità che dal bene traggano i singoli condomini, essendo ammissibile, su tali profili, solo il controllo sulla motivazione nei limiti in cui ne è attualmente ammesso lo scrutinio cfr., Cass. 10073/2018 Cass. 8119/2004 . 2.2. Sulla scorta delle descritte emergenze processuali, l’assemblea non poteva ripartire la spesa derogando a quanto prescritto dall’art. 1123 c.c., comma 2. Le attribuzioni dell’assemblea ai sensi dell’art. 1135 e 1123 c.c., sono circoscritte alla verifica ed applicazione dei criteri fissati dalla legge. Se le cose comuni sono destinate a servire i condomini di un edificio in misura diversa, le spese, a norma dell’art. 1223 c.c., comma 2, vanno ripartite in misura proporzionale all’uso che ogni condomino può farne, salvo eventuali accordi, approvati all’unanimità dei condomini, con cui si preveda la ripartizione in misura proporzionale ai millesimi di proprietà. In mancanza di una tale convenzione, ove vi sia contrasto circa la relativa ripartizione, deve escludersi che l’assemblea possa diversamente suddividere la spesa, vincolando anche i dissenzienti, essendo la legittimità della decisioni assembleari subordinata all’osservanza del criterio che tenga conto dell’utilità che ciascuno dei condomini possa trarre dalla cosa comune, come risultante all’esito di una verifica da compiere in concreto Cass. 5458/1986 . 2.3. La delibera non è, per contro, censurabile nel punto in cui ha posto i costi delle opere per il 50% a carico dei proprietari dell’ultimo piano e per il restante 50% a carico di tutti gli altri, poiché la relativa questione è pertinente al merito. Il ricorso è respinto con aggravio di spese secondo soccombenza. Sussistono le condizioni per dare atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 3500,00 per compenso, ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali in misura del 15%. Si dà atto che la ricorrente è tenuta a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.