La legittimazione processuale passiva dell’amministratore di condominio

L’amministratore di condominio ha una legittimazione processuale passiva che non incontra limiti e sussiste in relazione alle diverse azioni, anche reale o possessoria, promossa da terzi o da un singolo condomino in ordine alla parti comuni dell’edificio.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22911/18 depositata il 26 settembre. La vicenda. I comproprietari di uno stabile, e del cortile facente parte dello stesso, citavano in giudizio il condominio del confinante edificio, la cui facciata insisteva su uno dei lati perimetrali del cortile. Gli attori chiedevano al Tribunale di Milano di accertare la costituzione di una mera servitù di passaggio pedonale, con condanna del condominio convenuto alla rimozione dei bidoni dell’immondizia ed altri rifiuti posizionati nel cortile di loro proprietà. Il Tribunale rigettava la domanda affermando il difetto di legittimazione passiva del condominio convenuto. La Corte d’Appello confermava la sentenza. La questione giunge dunque dinanzi alla Corte di legittimità. Legittimazione processuale. Il Collegio richiamo l’insegnamento della giurisprudenza secondo cui, in tema di controversie condominiali, la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio non incontra alcun limite e sussiste anche in relazione all’impugnazione eventualmente necessaria, nonché in ogni azione anche reale o possessoria promossa da terzi o da un singolo condomino in ordine alla parti comuni dell’edificio, tra cui rientrano anche quelle esterne purché adibite all’uso comune di tutti i condomini Cass. n. 9206/05 . La giurisprudenza ha poi chiarito che la legittimazione passiva dell’amministratore sussiste anche in tema di azione negatorie e confessorie di servitù e anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o ostacoli che impediscano o turbino l’esercizio della servitù medesima. In conclusione la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 3 maggio – 26 settembre 2018, n. 22911 Presidente Matera – Relatore Abete Motivi in fatto ed in diritto La Nimma s.r.l. ed H.M.E. G., comproprietarie dello stabile in omissis , e del cortile facente parte del predetto stabile, citavano a comparire dinanzi al tribunale di Milano il condominio del confinante edificio di piazzetta omissis , edificio una cui facciata insisteva su uno dei lati perimetrali del cortile. Chiedevano accertarsi e dichiararsi che era stata costituita in favore del condominio convenuto solo ed esclusivamente una servitù di passaggio pedonale, che il condominio convenuto aveva posizionato nel cortile di loro proprietà bidoni dell’immondizia e sacchi di rifiuti di vario genere, che siffatta condotta costituiva violazione del loro diritto di proprietà chiedevano quindi condannarsi il condominio a ripristinare lo status quo ante e a rimuovere tutto quanto era stato indebitamente collocato. Si costituiva il condominio di piazzetta omissis . Instava per il rigetto dell’avversa domanda in via riconvenzionale chiedeva dichiararsi l’intervenuto acquisto per usucapione del diritto d’uso o del diritto di servitù a carico del cortile delle attrici. Con sentenza n. 9560/2010 l’adito tribunale rigettava e la domanda delle attrici, opinando per il difetto di legittimazione passiva del condominio, e la domanda riconvenzionale del condominio. Proponevano appello la Nimma s.r.l. ed H.M.E. G Resisteva il condominio di piazzetta omissis proponeva appello incidentale. Con sentenza n. 689/2014 la corte d’appello di Milano rigettava ambedue i gravami e compensava integralmente le spese del grado. Premetteva la corte - per quel che rileva in questa sede - che la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio si radica in quanto oggetto di causa sia un bene annoverabile tra quelli di cui all’art. 1117 cod. civ. che entro questi termini nessuna limitazione si prefigura alla legittimazione passiva dell’amministratore condominiale per qualsivoglia azione anche di natura reale promossa contro il condominio. Indi su tale scorta evidenziava che viceversa nella fattispecie il bene per il quale era controversia - l’area cortilizia - non costituiva un bene condominiale, ma un bene di proprietà esclusiva delle attrici, sicché era da disconoscere la legittimazione passiva del condominio, tanto più che l’uso improprio del cortile era da ascrivere ai singoli condomini. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso la Nimma s.r.l. ed H.M.E. G. ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite. Il condominio dello stabile di omissis , ha depositato controricorso ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese. Le ricorrenti hanno depositato memoria. Del pari ha depositato memoria il controricorrente. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 1131, 2 co., cod. civ Deducono che parti comuni non sono solo quelle propriamente condominiali, ma anche - è il caso di specie - quelle, ancorché esterne al condominio, adibite all’uso comune di tutti i condomini. Deducono conseguentemente che pur con riferimento a tali parti deve opinarsi per la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza e del procedimento nella parte in cui ha dichiarato la carenza di legittimazione passiva dell’amministratore del condominio dello stabile di piazzetta OMISSIS , e non ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini dello stesso stabile. Il primo motivo è fondato e meritevole di accoglimento. Il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del secondo, d’altronde espressamente esperito in via subordinata cfr. ricorso, pag. 12 . È sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte di legittimità - insegnamento puntualmente richiamato dalle ricorrenti - a tenor del quale, in tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi dell’art. 1131, 2 co., cod. civ. non incontra limiti e sussiste, anche in ordine all’interposizione d’ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo d’azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condomino trovando ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini in ordine alle parti comuni dello stabile condominiale, tali dovendo estensivamente ritenersi anche quelle esterne, purché adibite all’uso comune di tutti i condomini cfr. Cass. 4.5.2005, n. 9206 . Evidentemente l’ampia proiezione, segnatamente in ordine alla nozione parti comuni . adibite all’uso di tutti i condomini , del testé menzionato insegnamento sgombera il campo dalle perplessità prospettate dal condominio controricorrente davvero non pare sostenibile che la sentenza n. 9206/2005 . abbia affermato che vi sia legittimazione passiva di un condominio . anche quando la vertenza investa aree appartenenti a terzi, ove le stesse siano utilizzate, anche solo in via di fatto, dai condomini così memoria del controricorrente, pag. 3 . Per altro verso questo Giudice del diritto spiega che la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o la eliminazione di ostacoli che impediscano o turbino l’esercizio della servitù medesima, non rendendosi necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini cfr. Cass. 21.1.2004, n. 919 . Evidentemente l’indicazione giurisprudenziale testé riferita rileva viepiù nel caso de quo, caso nel quale è stata sollecitata la rimozione di res agevolmente amovibili. In accoglimento e nei limiti del primo motivo di ricorso la sentenza n. 689 dei 28.1/18.2.2014 della corte d’appello di Milano va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa corte d’appello. All’enunciazione - in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1 co., cod. proc. civ. - del principio di diritto - al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio - può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalla massima desunta dagli insegnamenti di questa Corte il riferimento è a Cass. n. 9206/2005 Cass. n. 919/2004 dapprima citati. In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità. Il ricorso è da accogliere. Non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115/2002, le ricorrenti siano tenute a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la medesima impugnazione a norma del comma 1 bis dell’art. 13 d.p.r. cit P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbita la disamina del secondo cassa, in relazione e nei limiti del motivo accolto, la sentenza n. 689 dei 28.1/18.2.2014 della corte d’appello di Milano rinvia ad altra sezione della stessa corte d’appello anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.