La condomina fa suo il pozzo luce, ma la Cassazione ne conferma la natura condominiale

La presunzione di proprietà comune di un pozzo luce non può essere vinta, nel silenzio del titolo, dalla mera possibilità di accesso al bene comune soltanto dall’appartamento di uno dei condomini, o dal fatto che costui abbia provveduto anche a collocarvi lo scaldabagno e l’impianto di illuminazione, in quanto non muta la destinazione tipica e normale del bene, che è quella di dare aria e luce alle unità immobiliari di cui si compone l’edificio condominiale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17556, depositata il 1° agosto 2014. Il caso. In primo grado il Tribunale di Gela, in accoglimento della domanda degli attori, dichiarava la proprietà comune del pozzo luce di un immobile condominiale e ordinava la rimozione delle opere murarie realizzate dalla convenuta. Quest’ultima ricorreva in appello, senza successo. La stessa, per la cassazione della sentenza della Corte di Appello, proponeva ricorso in Cassazione. La natura condominiale del pozzo luce La Corte di Cassazione giudica il ricorso infondato e conferma la natura condominiale del pozzo luce. Trattasi, infatti, di un cortile di piccole dimensioni, circoscritto da muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce ai locali secondari e sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, in quanto espressamente contemplato dall’art. 117, n. 1, c.c. tra i beni comuni, salvo titolo contrario Cass., Sez. II, n. 4350/2000 . e la sua destinazione tipica. La presunzione di proprietà comune non può essere vinta, nel silenzio del titolo, dalla mera possibilità di accesso al bene comune soltanto dall’appartamento di uno dei condomini, o dal fatto che costui abbia provveduto anche a collocarvi lo scaldabagno e l’impianto di illuminazione, poiché l’utilità particolare che deriva da tali circostanze non è suscettibile di incidere sulla destinazione tipica e normale del bene, che è quella di dare aria e luce alle unità immobiliari dell’edificio condominiale Cass., Sez. II, n. 4625/84 Cass., Sez. II, n. 2309/78 . Inoltre, non rilevano le particolari modalità e i tempi di realizzazione della sopraelevazione. Infatti, una volta costituito il condominio, l’originario costruttore non può disporre come proprietario unico delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell’edificio tra i quali rientra, in mancanza di titolo diverso, il pozzo luce , divenuti appunto beni comuni tra gli aventi causa successivi titolari delle unità immobiliari create con il frazionamento dell’edificio Cass., Sez. II, n. 19829/04 . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 giugno – 1 agosto 2014, n. 17556 Presidente Triola – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - In accoglimento della domanda proposta da F.L. e F.A. nei confronti di C.R. , il Tribunale di Gela, con sentenza in data 3 giugno 2004, dichiarava la proprietà comune del pozzo luce dell'immobile condominiale di via omissis , rigettava l'eccezione di usucapione perché tardiva ed inammissibile ed ordinava la rimozione delle opere murarie realizzate dalla convenuta. 2. - La Corte d'appello di Caltanissetta, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 22 aprile 2008, ha rigettato il gravame interposto dalla C. . 2.1. - La Corte territoriale ha rilevato che dalla consulenza espletata in primo grado risulta che il pozzo luce era stato costituito per dare aria e luce ai piani superiori, essendo tra l'altro sede delle colonne di scarico dei servizi igienici dei piani realizzati in sede di sopraelevazione del fabbricato. La parte appellante - ha proseguito la Corte territoriale - non ha inoltre provato l'esistenza di una esplicita previsione nel titolo di acquisto idonea a superare la presunzione legale di comunione pro Indiviso delle parti di fabbricato destinate ad uso comune, giacché dall'atto di vendita del 20 gennaio 1972 tra D.E. venditori alienanti e i coniugi Q.N. e C.R. compratori acquirenti non si riscontra alcun riferimento all'esclusione della proprietà comune del pozzo luce. 3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello la C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 dicembre 2008, sulla base di tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio la ricorrente si duole dell'omesso accertamento della sussistenza degli elementi fattuali presenza di pilozza, di scaldabagno, di impianto di illuminazione, tutti collegati, idricamente ed elettricamente, agli impianti dell'appartamento a piano terreno e non a quello condominiale accesso all'area calpestabile del piano terreno esclusivamente dall'appartamento C. , indispensabili per stabilire se l'area calpestabile del pozzo luce era posta a servizio esclusivo dell'abitazione posta a piano terreno oppure a servizio del condominio. Con il secondo mezzo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio la ricorrente deduce che, in origine, l'immobile era costituito da un appartamento a piano terreno, e il vano centrale dell'appartamento, che in futuro avrebbe ospitato la base del pozzo luce, era inglobato nell'abitazione e costituiva proprietà esclusiva del soggetto titolare dell'appartamento. Soltanto nel 1966, con la sopraelevazione e la realizzazione di altri due appartamenti, rispettivamente al primo e al secondo piano, il soffitto del vano centrale venne eliminato, con consequenziale realizzazione del pozzo luce. Secondo la ricorrente, l'accertamento fattuale della progressione edilizia quale fatto produttivo non di ablazione ma di mera compromissione della dominicalità dell'area per effetto dell'innesto di servitù, costituisce titolo contrario al meccanismo presuntivo di cui all'art. 1117 cod. civ. ed impone di escludere il bene oggetto del contenzioso dall'elencazione esemplificativa contenuta nella citata disposizione. Il terzo motivo violazione e falsa applicazione dell'art. 1117 cod. civ., in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ. è accompagnato dal seguente quesito di diritto In caso di controversia sulla proprietà individuale o comune di un vano, oggetto di modifiche edilizie nella specie sopraelevazione, con eliminazione del solaio da un vano dell'appartamento preesistente e creazione di un pozzo luce , costituisce titolo contrario all'inserimento tra i beni comuni, ex art. 1117 cod. civ., la circostanza che il vano, in origine, sia stato parte di un bene individuale, essendo irrilevanti, quali fatti produttivi di trasferimento della proprietà, gli adeguamenti edilizi successivi, determinati dalla sopraelevazione ed esclusivi fonti di servitù . 2. - I tre motivi - da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione - sono infondati. La Corte d'appello, nel confermare la natura condominiale del cavedio o pozzo luce posto nell'edificio condominiale di via omissis , ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui il cavedio talora denominato chiostrina, vanella o pozzo luce - cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune - essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi , è sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall'art. 1117, n. 1, cod. civ. tra i beni comuni, salvo titolo contrario Cass., Sez. II, 7 aprile 2000, n. 4350 . La proprietà comune è stata accertata nel rispetto delle disposizioni che disciplinano la materia, avendo i giudici del merito, per un verso, escluso l'esistenza di un titolo contrario, stante il silenzio sul punto nell'atto costitutivo del condominio ossia nel primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare facente parte dell'edificio dall'originario unico proprietario ad un altro soggetto e, per l'altro verso, inoppugnabi Unente verificato, alla luce anche dei risultati dell'esperita consulenza tecnica d'ufficio, la sussistenza di un collegamento funzionale tra il bene in contestazione e le unità immobiliari in proprietà esclusiva facenti parte del condominio. Contrariamente a quanto mostra di ritenere la ricorrente, la presunzione di proprietà comune non può essere vinta, nel silenzio del titolo, dalla mera possibilità di accesso al bene comune soltanto dall'appartamento di uno dei condomini, o dal fatto che costui abbia provveduto anche a collocarvi una pilozza, lo scaldabagno e l'impianto di illuminazione, in quanto l'utilità particolare che deriva da tali circostanze non è suscettibile di incidere sulla destinazione tipica e normale del bene, che è quella di dare aria e luce alle unità immobiliari di cui si compone l'edificio condominiale Cass., Sez. II, 11 maggio 1978, n. 2309 Cass., Sez. II, 3 agosto 1984, n. 4625 . Né rilevano le particolari modalità e i tempi di realizzazione della sopraelevazione. Infatti, la sopraelevazione e la creazione del pozzo luce furono opera dell'unico originario proprietario, per cui è impossibile affermare che si sia costituita una servitù nomini res sua servit . D'altra parte, il condominio di edifici sorge ipso iure et facto , senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui l'originario costruttore di un edificio diviso per piani o porzioni di piano aliena a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata, cosi perdendo, in quello stesso momento, la qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell'edificio, tra i quali rientra, in mancanza di titolo diverso, il pozzo luce ne consegue che, una volta costituito il condominio, l'originario costruttore non può disporre come proprietario unico di detti beni, divenuti comuni, tra gli aventi causa successivi titolari delle unità immobiliari create con il frazionamento dell'edificio Cass., Sez. II, 4 ottobre 2004, n. 19829 . 3. - Il ricorso è rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.