In sede di compravendita il venditore può riservarsi la proprietà di una parte comune

Le parti comuni di un edificio in condominio, se legate da mera relazione spaziale e non anche da rapporto accessorio-principale, possono essere escluse dal contratto di compravendita di un'unità immobiliare ubicata nello stabile condominiale purché il venditore resti proprietario esclusivo di un'altra porzione di piano. A queste conclusioni è giunta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22361 depositata in cancelleria lo scorso 26 ottobre. Il caso. Un condomino promuoveva una causa contro gli altri comproprietari per ottenere l'accertamento della condominialità di un'area contigua ad un lato dell'edificio. Il perché di quest'azione lo si legge nella relazione ex art. 380 c.p.c. citata in sentenza l'intento era quello di entrare in possesso di quella parte adiacente all'edificio. Egli, infatti, aveva comprato il proprio appartamento da un soggetto che, comprandolo a sua volta dall'originario proprietario, era stato escluso, al momento del suo acquisto, dal condominio della zona scoperta di cui sopra. Per semplificare i passaggi A proprietario di X+Y ha ceduto a B solamente X. C ha acquistato da B e poi ha promosso una causa per sentirsi dichiarare proprietario anche di Y poiché a suo dire non poteva essere escluso dalla proprietà e dal godimento d'una parte comune. Per completezza è bene evidenziare che l'originario proprietario A aveva mantenuto oltre che la proprietà della parte comune Y anche quella di un magazzino ubicato nello stabile. Il Tribunale adito ha rigettato questa domanda al pari della Corte d'appello chiamata a pronunciarsi in secondo grado. Da qui il ricorso in Cassazione. Unità immobiliari e parti comuni non devono, per forza, essere cedute assieme. Questo il responso della S. C. che, così dicendo, ha respinto le censure del ricorrente. Gli Ermellini, conformemente ad un loro precedente pronunciamento, hanno affermato che in tema di condominio negli edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium sequitur principale, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la loro funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria, ma non anche alle cose legare all'edificio da mera relazione spaziale, costituenti beni ontologicamente diversi suscettibili di godimento fine a se stesso che si attua in modo indipendente da quello delle unità abitative . In sostanza mentre pare improbabile che il cedente, a scapito del cessionario, possa mantenere la proprietà delle scale comuni, non è così per beni che, rispetto alle unità immobiliari, possano essere goduti in modo autonomo. Il caso sottoposto all'attenzione della Corte nomofilattica era proprio questo. A conclusione del ragionamento che ha portato al rigetto del ricorso, i giudici di piazza Cavour hanno specificato che l'originario proprietario dei beni, rimasto nel frattempo condomino in forza della proprietà di un locale ben poteva escludere dal trasferimento la quota millesimale di comproprietà dell'area scoperta, rimanendone contitolare in forza della proprietà di altra porzione di piano . Ad ogni modo, secondo gli Ermellini, il mantenimento dello status di condomino è fondamentale per l'esclusione dalla compravendita della comproprietà d'una parte comune.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 7 - 26 ottobre 2011, n. 22361 Presidente Goldoni - Relatore Giusti Fatto e diritto Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ. G G., proprietario di un appartamento sito al secondo piano dello stabile sito in omissis , convenne in giudizio gli altri condomini - C N. ed altri - chiedendo, tra l'altro, l'accertamento della natura condominiale dell'area circostante il lato nord del fabbricato. Nella resistenza dei convenuti, l'adito Tribunale di Cosenza, con sentenza in data 27 aprile 2005, rigettò questa domanda, mentre accolse altra domanda, condannando i convenuti alla rimozione della caldaia e dei suoi accessori posti sul terreno sul lato nord del fabbricato. La pronuncia è stata confermata dalla Corte d'appello di Catanzaro con sentenza depositata il 13 aprile 2010. A tal fine la Corte di Catanzaro ha rilevato che l'area in questione ha natura condominiale, come risulta dall'atto costitutivo del condominio atto di divisione del 29 aprile 1970 che il condomino G N. , vendendo a V.R. l'appartamento al secondo piano con esclusione del magazzino , ha espressamente limitato i diritti condominiali all'atrio ed all'impianto di riscaldamento, in tal modo escludendo ogni diritto di godimento dell'avente causa sull'area in questione, precisandosi nell'atto di vendita che l'area stessa restava in comune solo tra i fratelli N. che l'area in oggetto, condominiale, è stata esclusa dal godimento di R V. ed i relativi diritti sono stati mantenuti dal condomino G N. , rimasto proprietario esclusivo del magazzino del medesimo fabbricato a lui assegnato in sede di divisione che G G. , avente causa mediato da R V. , non può vantare diritti di comproprietà condominiale sull'area cortilizia esterna, non potendo egli avere acquistato dai propri danti causa diritti maggiori di quelli loro trasmessi dall'originario proprietario che sull'area in questione il G. non gode di alcun diritto di comproprietà derivante dall'acquisto dell'appartamento condominiale, perché trattasi di bene suscettibile di godimento separato, espressamente escluso nel titolo con cui G N. ha venduto a R V. il solo appartamento, successivamente trasmesso all'appellante. Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello G.G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 9 ed il 20 settembre 2010, sulla base di quattro motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Il primo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1117 e 1102 cod. civ., nonché violazione dei principi in materia di condominio edilizio, nonché dell'art. 12 del regio decreto n. 2105 del 1937 e della legge n. 1684 del 1962 in materia di costruzioni antisismiche, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Il ricorrente sostiene che, essendo l'area in questione sorta come di proprietà comune, non poteva l'alienante N. unilateralmente disporne, senza il consenso degli altri condomini, escludendo dal trasferimento la comproprietà dell'area. Di qui la nullità ed irrilevanza della clausola limitativa della vendita al V. . Il motivo è privo di fondamento. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio per cui in tema di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium seguitur principale, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria, ma non anche alle cose legate all'edificio da mera relazione spaziale, costituenti beni ontologicamente diversi suscettibili di godimento fine a se stesso che si attua in modo indipendente da quello delle unità abitative Cass., Sez. II, 27 aprile 1993, n. 4931 . Muovendo da tale principio, esente da censure è la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, la quale ha ritenuto che N.G. , condomino dello stabile, ben poteva escludere dal trasferimento la quota mil-lesimale di comproprietà dell'area condominiale scoperta, rimanendone contitolare in forza della proprietà di altra porzione di piano il magazzino . Né a diversa conclusione può condurre il generico richiamo, contenuto nel motivo, alla normativa antisismica. Il secondo mezzo violazione degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per la non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato non coglie nel segno. Infatti, dal riscontro positivo della natura condominiale -esclusa dal primo giudice - del terreno cortilizio in questione in forza dell'atto di divisione del 1970, non deriva, automaticamente, come pretende il ricorrente, l'accoglimento della domanda, e ciò per le ragioni individuate in sede di esame del primo motivo di ricorso non inclusione nel trasferimento dal N. al V. della quota di comproprietà dell'area condominiale scoperta . Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 112, 277 e 345 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nonché ulteriore violazione dell'art. 12 della legge n. 1684 del 1962 in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La censura è infondata. La Corte d'appello ha dichiarato inammissibile in appello, perché nuova, la domanda con cui il G. , invocando la normativa antisismica, chiedeva che venisse accertato che sull'area in questione non fossero consentiti ingombri, se non temporanei. Invano il ricorrente richiama, al fine di escludere la domanda nuova, l'atto di citazione in primo grado, con il quale il G. aveva chiesto non solo al punto 1 l'accertamento della natura pertinenziale e comune dell'area circostante il lato a nord del fabbricato, ma anche al punto 2 l'accertamento e la dichiarazione di inammissibilità di costruzioni a carattere definitivo o anche provvisorio sugli spazi di isolamento nella località sismica in oggetto . Infatti, il riferimento alla località sismica riguarda - nel libello introduttivo del giudizio di primo grado - gli intervalli di isolamento, non l'area cortilizia a nord del fabbricato, della quale si rivendicava la comproprietà. Il quarto motivo violazione degli artt. 2909 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per violazione del giudicato, nonché violazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per motivazione contraddittoria circa fatto decisivo e controverso lamenta che la Corte territoriale, nel rigettare il terzo motivo di appello, abbia travolto la pronuncia di demolizione contenuta nella sentenza di primo grado. Il motivo non coglie nel segno. La Corte di Catanzaro ha rigettato l'appello del G. ed espressamente confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza cosi risulta anche dal dispositivo . La pronuncia di primo grado, rilevato che non vi era contestazione sulla domanda di rimozione del locale caldaia , aveva condannato i convenuti alla rimozione di tale manufatto e dei suoi accessori posti sul terreno sul lato nord del fabbricato . I convenuti non hanno proposto appello incidentale contro questo capo della sentenza. Il passaggio in giudicato di tale statuizione non è toccato dal rigetto del terzo motivo di appello, relativo alla richiesta di eliminazione non solo della caldaia ma anche, ove non sufficiente a garantire il parcheggio sull'area condominiale, dei box. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., per esservi rigettato . Letta la memoria della parte ricorrente. Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra che le osservazioni critiche contenuta nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio non sono meritevoli di accoglimento che in particolare, quanto ai primi due motivi, si rileva che correttamente la Corte d'appello ha escluso nella specie l'applicazione del principio accessorium sequitur principale, stante la legittimità della pattuizione negoziale, contenuta nell'atto intercorso tra G N. venditore e V.R. acquirente , con cui il N. , rimasto esclusivo proprietario di un magazzino nel fabbricato condominiale, si era riservato il diritto di comproprietà sull'area in questione anche per i millesimi spettanti all'appartamento venduto al V. , e ciò in quanto la suddetta area, lungi dall'essere necessaria per l'esistenza o per l'uso del condominio, da luogo ad un bene che, specie dopo la dismissione del servizio di riscaldamento centralizzato, è suscettibile di godimento separato rispetto al fabbricato condominiale, trattandosi, peraltro, di area recintata dalla quale non si accede direttamente dal fabbricato condominiale, ma attraverso un diverso cancello che con riferimento al terzo motivo di censura, va ribadita la correttezza della statuizione di inammissibilità per novità della domanda spiegata in appello che infatti in primo grado il G. aveva chiesto che fosse accertato che sull'area de qua non erano consentiti ingombri, al di fuori di quelli meramente temporanei, sul presupposto che tale area fosse a lui comune, senza fare valere in via autonoma e principale la violazione della normativa antisismica al fine di ottenere la condanna alla rimozione dei box che il quarto motivo muove da un erroneo presupposto interpretativo, cioè che vi sia, per effetto del rigetto del terzo mezzo di appello, violazione del giudicato interno, laddove la Corte di Catanzaro, confermando la sentenza di primo grado, ha anche mantenuto intatta la condanna dei convenuti alla rimozione del locale caldaia e dei suoi accessori posti sul lato nord del fabbricato che pertanto, il ricorso deve essere rigettato che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.