Manufatto sul terrazzo, da abusivo a regolare senza natura contrattuale del regolamento condominiale

Contestazioni per l'opera realizzata dal proprietario del lastrico solare del palazzo. Le limitazioni alla proprietà, accettate al momento dell'acquisto, sono però a rischio inefficacia

Prima l'allestimento del cantiere, poi i lavori, infine l'inaugurazione il vano abitabile, costruito sul lastrico solare dell'edificio condominiale, è bello e pronto. Per il proprietario del terrazzo - il lastrico solare, appunto - è un'opera perfetta. Per il condominio, invece, è un'opera da distruggere subito, anche perché vietata dal regolamento ad hoc, accettato all'atto dell'acquisto dell'appartamento. Esiste, però, una variabile fondamentale la natura contrattuale del regolamento condominiale. Senza tale attestazione, l'opera può essere considerata legittima. E proprio questo elemento - come chiarisce la Cassazione sentenza n. 19209, sezione Seconda Civile, depositata ieri - costituisce il nodo principale da sciogliere. Fatto si distrugga. L'opera realizzata sul terrazzo - di proprietà del condomino 'edificatore' - dell'edificio rappresenta un exemplum del corposo contenzioso condominiale registrato ogni anno in Italia. La vicenda all'attenzione del Palazzaccio è chiara, almeno all'apparenza. E segnata da una doppia pronuncia sfavorevole alla posizione del condomino sia il Tribunale che la Corte d'Appello affermano la necessità della demolizione del manufatto, senza riconoscere, però, il risarcimento dei danni richiesto dal condominio. Come si motiva questa posizione? Con elementi diversi il regolamento condominiale, con cui si prescriveva il divieto di costruire sulla copertura del fabbricato qualunque sopraelevazione la copia del contratto di compravendita dell'appartamento, da cui emergeva che l'oggetto della vendita veniva trasferito nello stato di fatto in cui si trovava, con tutti i diritti e obblighi risultanti dal titolo di provenienza nonché dal regolamento di condominio che l'acquirente dichiarava di accettare . Con l'aggiunta di una ulteriore considerazione il manufatto in questione consisteva in un vano abitabile realizzato sul terrazzo costituente lastrico solare dell'edificio , ebbene, alla luce dell'art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma come costruzione di uno o più nuovi piani o nuove fabbriche sopra l'ultimo piano dell'edificio, comportando la sopraelevazione dell'area comune su cui sorge il fabbricato . Per questi motivi, la demolizione viene considerata come l'unica soluzione possibile. Secondo i giudici dell'Appello Partita riaperta. La questione non è però da considerarsi chiusa. Almeno non per il condomino condannato. Che, anzi, sceglie di rivolgersi alla Cassazione, proponendo una valutazione diversa della vicenda. Elemento centrale, per il condomino, è il regolamento condominiale. A cui manca, secondo questa ricostruzione, un elemento la natura contrattuale. E si tratta di un elemento non secondario perché solo i regolamenti contrattuali possono determinare restrizioni alle facoltà spettanti ai condomini, relativamente alle proprietà esclusive degli stessi nel fabbricato in condominio . Nello specifico, il condomino sostiene che, alla luce del suo status di proprietario dell'ultimo piano, aveva il diritto di sopraelevare e solo un regolamento contrattuale avrebbe potuto limitare tale facoltà . E la prova della esistenza di un regolamento contrattuale non poteva ritenersi fornita dal condominio . Così, il condomino prova a riaprire la partita Principio e applicazione. La premessa fondamentale, per i giudici di Cassazione, è chiara indiscutibile il principio, affermato anche in giurisprudenza, per cui le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti . Ciò che manca, in questa vicenda, è il passaggio successivo, ovvero l'accertamento della natura contrattuale del regolamento condominiale, su cui si fonda la pronuncia d'Appello. Da questo punto di vista, l'accertamento è risultato insufficiente. Perché non risulta dimostrata la fonte contrattuale, e perciò vincolante, del regolamento condominiale , ovvero il fatto che esso fosse stato predisposto dall'unico proprietario oppure formato con il consenso unanime della totalità dei condomini . Conseguenze possibili? Senza natura contrattuale, le limitazioni alla proprietà esclusiva opponibili all'acquirente rischiano di essere non efficaci. Per questi motivi, il ricorso del condomino viene accolto dalla Cassazione, e la questione torna alla Corte d'Appello, che avrà il compito di sciogliere il nodo principale della vicenda.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 giugno 21 settembre, n. 19209 Presidente Triola Relatore Petitti Svolgimento del processo Il Condominio di via Flaminia n. 334 in Roma conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale della medesima città, P. M., chiedendone la condanna alla demolizione di un manufatto costruito sul lastrico solare dell'edificio e al risarcimento del danno. Costituitosi il contraddittorio ed espletata l'istruttoria, l'adito Tribunale, con sentenza n. 22086 del 1997, condannava la M. alla demolizione del manufatto e rigettava la domanda di danni. La M. proponeva appello e, nella resistenza del Condominio, la Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 20 luglio 2005, lo rigettava. La Corte dichiarava preliminarmente inammissibile l'intervento svolto da una condomina in adesione alla posizione del Condominio. Rigettava, quindi, il primo motivo di gravame, con il quale la M. si doleva del fatto che il Tribunale avesse affermato la natura contrattuale del regola mento di condominio pur se non era stato prodotto in giudizio il negozio di approvazione del regolamento medesimo. In proposito, la Corte osservava che dalla copia del contratto di compravendita del proprio appartamento, prodotto dalla Ma., emergeva che l'oggetto della vendita veniva trasferito nello stato di fatto in cui si trovava, con tutti i diritti e obblighi risultanti dal titolo di provenienza nonché dal regolamento di condominio che l'acquirente! dichiarava di accettare. Nel caso di specie, l'art. 4 del regolamento prescriveva il divieto di costruire sulla copertura del fabbricato qualunque sopraelevazione e la M. aveva certamente assunto anche l'obbligo di rispettare tale divieto. Quanto al secondo motivo di appello, con il quale la M. si doleva che il Tribunale avesse attribuito al manufatto la qualità di sopraelevazione, la Corte d'appello rilevava che il manufatto consisteva in un vano abitabile realizzato sul terrazzo di sua proprietà costituente lastrico solare dell'edificio e che, ai fini dell'art. 1127 cod. civ., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma come costruzione di uno o più nuovi piani o nuove fabbriche sopra l'ultimo piano dell'edificio, comportando la sopraelevazione l'occupazione dell'area comune su cui sorge il fabbricato. Per la cassazione di questa sentenza P. M. ha proposto ricorso sulla base di due motivi ha resistito, con controricorso, l'intimato Condominio. All'udienza del 3 marzo 2011, in vista della quale la ricorrente aveva depositato memoria, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per omessa notifica dell'avviso d'udienza al difensore del Condominio resistente. La causa è quindi stata discussa all'udienza del 16 giugno 2011. Motivi della decisione Con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di o messa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che la Corte d'appello avrebbe omesso di indagare se il Condominio avesse fornito la prova della natura contrattuale del regolamento, E cioè la prova che lo stesso era stato approvato all'unanimità da tutti i condomini. Invero, osserva la ricorrente, solo i regolamenti contrattuali possono determinare restrizioni alle facoltà spettanti ai condomini relativamente alle proprietà esclusive degli stessi nel fabbricato in condominio. Nella specie, la ricorrente rileva che, in quanto proprietaria dell'ultimo piano, aveva il diritto di sopraelevare, riconosciuto dall'art. 1127 c.c., e solo un regolamento contrattuale avrebbe potuto limitare tale facoltà. E la prova della esistenza di un regolamento contrattuale non poteva ritenersi fornita dal Condominio, non valendo a tal fine la considerazione che essa ricorrente, nell'atto di compravendita, aveva dichiarato di accettare il regolamento, condominiale, potendo una simile dichiarazione giustificare il mancato accertamento della trascrizione dell'atto contenente il regolamento stesso, ma non anche la mancata indagine circa la natura contrattuale del medesimo. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell'art. 115 c. p. c., perché la Corte d'appello, pur non avendo il Condominio fornito la prova della natura contrattuale del regolamento, ha tuttavia respinto il gravame proprio sulla base del riconoscimento della natura contrattuale del regolamento di condominio. Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, è fondato. Non è qui in discussione il consolidato principio per cui le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che seppure non inserito materialmente deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto Cass. n. 17886 del 2009 Cass. n. 10523 del 2003 . Ciò che invece era controverso e su cui l'accertamento della Corte d'appello risulta insufficiente era proprio la natura contrattuale del regolamento condominiale, le cui clausole la ricorrente, nell'atto di acquisto della unità immobiliare, aveva dichiarato di accettare. Invero, la motivazione sul punto della sentenza impugnata assume per dimostrato ciò che il motivo di gravame poneva in discussione, e cioè che il regolamento condominiale avesse natura contrattuale, o perché predisposto dall'unico proprietario, ovvero perché formato con il consenso unanime della totalità dei condomini. L'affermazione della Corte sul punto si caratterizza, quindi, per la sua astrattezza, nel senso che non risulta dimostrata la fonte contrattuale e perciò vincolante del regolamento condominiale. Che sul punto sia mancato uno specifico accertamento, è reso palese dal rilievo che la Corte territoriale non ha neanche specificato se il regolamento condominiale in questione avesse natura contrattuale perché predisposto dall'unico proprietario ovvero perché formato con il consenso della totalità dei condomini. Le circostanze valorizzate nella sentenza impugnata, del resto, attengono al profilo della apponibilità all'acquirente delle limitazioni alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento condominiale, ma non rilevano sul piano della dimostrazione della detta natura, che non può desumersi per il solo fatto che il regolamento condominiale sia allegato all'atto di acquisto. Il ricorso deve quindi essere accolto, con rinvio, per nuovo esame sul punto, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, alla quale è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.